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In I am mother, film distopico in uscita su Netflix il 7 giugno la cui edizione italiana è curata da 3Cycle, presta (ancora una volta) la sua voce a Hillary Swank. Una cosa che le riesce benissimo, perché Laura Lenghi ci ha raccontato che:

«Facendo doppiaggio ti spunta un terzo occhio. Hai presente quando a yoga l’istruttore ti dice delle cose un po’ astruse, parla con una terminologia strana e tu non capisci a cosa si riferisce quando dice che le ossa si spostano e i muscoli cambiano posizione? Poi a un certo punto man mano che lo fai, l’esercizio diventa facile e a un tratto anche quello che diceva l’istruttore diventa chiaro. Ecco, nel doppiaggio è così: ti arrivano delle sensazioni per cui è come se ti nascesse un terzo occhio. Riesci a leggere, vedere l’attore, carpire le sue espressioni, tutto contemporaneamente. Perché non dimentichiamo che il doppiaggio è un’illusione: l’attore parla un’altra lingua, tu devi creare l’illusione che l’interprete parli italiano. Quindi il segreto sta nel cercare la sua fisicità con la voce, prendere con la voce quello che l’attore fa. Evitando che sembri un francobollo incollato, ecco, non si deve vedere la colla.

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È un fatto di esperienza, ti arriva dopo un bel po’ di tempo questa cosa (e può non arrivare mai) però più lo fai e più impari. E una cosa che non ti dà nessuna scuola, non c’è qualcuno che ti può insegnare come “incollare” la tua voce, perché poi varia da personaggio a personaggio. Considera poi che noi ogni tre ore facciamo un turno, quindi in una giornata puoi essere tre personaggi diversi. E ogni volta in poco tempo devi trovare il modo di “incollarti” sopra l’attrice che doppi.
Oltre questa dote, però, ne acquisisci anche un’altra: i riflessi sono accelerati rispetto alle persone comuni, tipo supereroe. Il riflesso del synch, del partire in sala appena la luce rossa si accende, affina anche questa capacità! La prova definitiva la dà la partenza ai semafori: io riesco sempre a partire per prima!»