Come direttrice del doppiaggio l’anno scorso ha vinto il premio del festival nazionale Voci nell’ombra. Parliamo di Ludovica Modugno, che per 3Cycle si è cimentata come direttrice in Goliath. A lei abbiamo chiesto di spiegare -bene- cosa fa e come lo fa un direttore del doppiaggio. «Il direttore di doppiaggio sta al doppiatore come il regista all’attore. O come il direttore d’orchestra ai musicisti. Ha una visione totale dell’opera prima di iniziarla: sceglie gli attori più adatti – non solo per il suono della loro voce, ma anche per la diversa capacità di adattarsi all’attore da doppiare – ed è colui cui è demandata l’assoluta fedeltà all’opera filmica. Quindi il direttore aiuta e accompagna il doppiatore in questo percorso. Prima di noi c’è stato un soggetto, una sceneggiatura, una regia e delle interpretazioni che vanno seguite e rispettate.
Avendo iniziato la mia carriera come attrice – a quattro anni- credo che tutto il grande approfondimento e la ricerca di verità che si praticano sul palcoscenico e davanti alla macchina da presa siano un grande e necessario arricchimento per il lavoro di doppiaggio. Gli strumenti che porto con me derivano proprio dalla mia esperienza come attrice: il primo invito che faccio al doppiatore, infatti, è quello di ascoltare e seguire maniacalmente la colonna originale, a “respirare con l’attore”, a guardarlo negli occhi prima di applicare freddamente e tecnicamente la sua personalità su un altro interprete. Il doppiatore è attore due volte: per sé stesso e per l’attore che doppia. Spesso la maggiore difficoltà risiede proprio in questo: i tempi di lavoro stretti spesso fanno sì che un attore sia portato a doppiare subito, senza ascoltare e senza guardare. Senza affrontare le peculiarità dell’attore doppiato e del ruolo sostenuto all’interno di un’opera. Ma così c’è il rischio che i personaggi doppiati abbiano tutti lo stesso suono.»