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Per chi si occupa di doppiaggio il suo nome è una garanzia: parliamo di Gerardo Di Cola, che prosegue la sua rubrica mensile sulla storia di questa arte spesso misconosciuta. Per ripercorrerla ecco la prima, la seconda e la terza parte della storia.

“È negli Anni ’40 che vengono sancite le leggi ferree della disciplina del doppiaggio: gli attori che intendono dedicarsi al doppiaggio devono essere disponibili, avere una dizione perfetta e capacità recitative notevoli, sapersi conformare all’originale, possedere una voce bella, duttile e dai timbri particolari, avere ca­pacità di autocontrollo ed essere dotati di tempismo. La professione del doppiatore permette un guadagno immediato e sicuro, un lavoro non itinerante, una vita regolare; ma è ripetitivo e poco esaltante, costringendo l’at­tore a trascorrere intere giornate al buio e, co­sa ancora più dura da superare, la sua espe­rienza di artista deve viverla nel più assoluto anonimato. La guerra imminente, che riu­scirà a sconvolgere il mondo, non scalfirà quello delle voci, le quali dopo il suo passaggio si ritroveranno più fresche e potenti di prima, divenendo maestre per quelle future.

Dopo la guerra, gli italiani si ritrovano in massa nelle sale cinematografiche per ricucire uno strap­po lungo anni con un cinema, quello statuni­tense, che un tempo li distraeva e li faceva so­gnare, ma che adesso li deve allontanare definitivamente dal passato. E gli italiani ri­trovano anche le voci della memoria, le quali si sottopongono ad uno straordinario lavoro per doppiare le pellicole dell’embargo e della nuova produzione (embargo decretato dalle major americane dal 1° gennaio 1939 per una tassa imposta dal regime fascista sul doppiag­gio). Una sorpresa attende anche i detrattori del doppiaggio – che ormai fanno finta di niente: il film Roma città aperta, che se­gna l’inizio di una nuova era del cinema
italia­no e che permette ad un’Italia prostrata e po­vera di riguadagnare la scena internazionale con un atto di rottura verso gli stilemi del pas­sato, ricorre anch’esso alle cure del doppiag­gio. A parte Anna Magnani e Aldo Fabrizi che si auto doppiano, gli altri attori sono doppiati: Carla Rovere da Rosetta Calavetta, Francesco Grandjacquet da Gual­tiero De Angelis, Marcello Pagliero da Lauro Gazzolo, Harry Feist da Giulio Panicali; infine un militare tedesco ha la timbrica inconfondibile di Bruno Persa che sarà per anni il doppiatore di Humphrey Bogart.”