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È uscito il 12 settembre su Netflix Sulla mia pelle, film diretto da Alessio Cremonini che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi.
Il film è accessibile a tutti grazie al servizio di audiodescrizione che 3Cycle ha realizzato in qualità di NP3 partner di Netflix. Ne abbiamo parlato con Valerio Sacco, la voce che racconta il film a ipovedenti e non vedenti.
«Iniziamo col dire che per fare una buona audiodescrizione la cosa migliore è immaginare di essere vicino a un amico non vedente a cui vorresti raccontare quello che accade a video: non bisogna fare una lettura troppo partecipata ma nemmeno eccessivamente fredda. Perché in entrambi i casi rischierebbe di distrarre dal prodotto. Non bisogna poi usare un linguaggio povero ma nemmeno essere aulici o contorti e soprattutto si deve riuscire a rendere tutto quello che c’è a video (scene e loro avvicendamenti, caratteristiche dei personaggi – anche emotive, ambienti, cambiamenti di idioma..) e inserirlo negli spazi concessi fra una battuta e l’altra, senza sovrapporsi ai momenti importanti della colonna sonora o agli effetti sonori necessari alla comprensione del prodotto, cogliendo lo stile del film per riportarne le atmosfere nel linguaggio. È dunque fondamentale che l’audiodescrizione non sia preponderante rispetto alle altre parti del prodotto: non deve essere una voce narrante, ma essere voce di servizio che non disturbi la possibilità di godere a pieno delle altre componenti del film. Insomma, il non vedente deve dimenticarsi la voce dell’audio descrittore, che deve praticamente camuffarsi con le altre parti audio del film.

Le caratteristiche richieste a una buona audiodescrizione aumentano con film come Sulla mia pelle, che hanno una costruzione registica particolare e quindi richiedono un diverso lavoro: film d’autore che di solito hanno lunghe pause, lunghi silenzi che servono a costruire il percorso del personaggio, a far crescere il climax. È bene dunque riuscire a dare anche il senso del silenzio e rispettarlo. Questo film è un campo minato, perché narra una vicenda controversa e bisogna riuscire a stare sul filo dell’emotività senza essere troppo partecipe. Insomma, una prova difficile anche per me che ho iniziato a fare le audiodescrizioni nel 2007 collaborando con la CTT di Sergio D’Ottavi (il papà delle audiodescrizioni, scomparso nel 2012 – a cui va il mio saluto). Pensate che il primo servizio di audiodescrizione a livello nazionale è stato fatto dalla Rai proprio con la CTT su brevetto di Sergio D’Ottavi. E il primo film che è stato audiodescritto è stato Spartacus nel 1991.»