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Cosa hanno in comune Donna in Beverly Hills 90210, Skyler White in Breaking Bad, Renata Klein in Big Little Lies, Rose Weissman in La fantastica signora Maisel e Felicity Huffman in When they see us (la cui edizione italiana, realizzata da 3Cycle, sarà su Netflix dal 31 maggio)? Sono tutte doppiate da Alessandra Korompay:

Felicity Huffman in When they see us

«A me piace da morire il mio lavoro, quindi ancora ci do l’anima e non potrebbe che essere così, perché non siamo speaker, siamo attori e quindi se non lavori con le emozioni è impossibile.. io cerco sempre di non essere me stessa, di entrare in un personaggio. Il miglior complimento che mi possano fare è “oddio non ti avevo riconosciuta”. Quando doppi ogni volta ti devi rimettere in gioco, non sei mai arrivato, è una continua scoperta, una continua aggiunta. Una cosa è sicura: l’originale – vado contro i miei interessi – se il prodotto è di altissimo livello, è chiaro sia meglio. Però nel doppiaggio c’è sempre un’adesione all’originale al 100%.

Il personaggio di Rose Weissman in La fantastica signora Maisel

Certo, va fatto sempre come si deve: su questo ci dobbiamo impuntare per preservare il mestiere. Come con i libri, serve una buona traduzione. I libri li leggiamo tradotti, sta al traduttore fare un’ottima copia, ricreando le stesse emozioni in un’altra lingua.  Quasi tutti i miei colleghi – come me – questo lavoro lo fanno con amore, ci si impegnano e ci si dedicano in tutto e per tutto.

Big Little Lies

Perché il doppiaggio è un lavoro da fare con il cuore, altrimenti non emoziona. E quindi richiede anche giusti tempi e concentrazione: se pensi che un attore prova e riprova, impara le battute a memoria, ha mesi per entrare nel personaggio. Mentre a noi è richiesto di doppiare all’impronta, vediamo la scena originale una volta, massimo due e siamo obbligati a rifarla al volo. Dando subito le stesse emozioni, che non è cosa da poco.

Breaking Bad – photo by: Ben Leuner/AMC ©Entertainment Weekly

Ma non siamo macchinette: una volta può venire bene, ma non è detto che alla successiva sia uguale o migliore, ogni volta è a sé. Anche perché il doppiaggio è, prima di tutto, un lavoro corale, in cui l’armonia tra direttore, assistente, fonico è essenziale.»