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«Quella del doppiaggio italiano è una scuola molto antica, seria. Siamo uno dei motivi per cui il nostro cinema è conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo. Hanno sempre detto che il nostro modo di fare doppiaggio è inimitabile. Prima lavoravamo molto col cinematografico, ora quel mondo si sta spostando sulla tv. Cambia il modo di fare cinema, cambiano i parametri economici e le tempistiche. Dobbiamo prendere atto che stiamo assistendo a una trasformazione ma non possiamo anteporre la bulimia di contenuti alla qualità del lavoro». Così Ilaria Stagni in un interessante articolo su Open, intitolato In Italia il doppiaggio non funziona più. Ilaria Stagni, dai Simpsons a Scarlett Johansson: «Vi spiego perché è colpa dello streaming»

Una visione che ci sentiamo di sottoscrivere, ma a cui Marco Guadagno aggiunge una riflessione: «È vero che negli anni passati si è abbassata un po’ la qualità, come conseguenza anche della riduzione dei guadagni per il settore del doppiaggio, ma non ci sentiamo di generalizzare. Anzi, ci risulta che Netflix faccia particolare attenzione alla qualità, soprattutto negli ultimi anni, e che quindi se il trend positivo continua ne vedremo presto i frutti.

Certo ci deve essere volontà da parte degli addetti ai lavori e dei doppiatori, ma anche dei clienti (e quindi piattaforme di streaming e produttori/distributori) di riqualificare il settore del doppiaggio.

In 3Cycle prendiamo il compito molto sul serio. Anche per questo abbiamo recentemente inaugurato un nuovo stabilimento di doppiaggio, il neonato 3Cycle Lab, anche per riportare il livello della professione alle vette abituali.

Se è vero, poi, che la qualità è stata un po’ penalizzata dalla grande mèsse di prodotti audiovisuali, è anche vero che c’è chi continua a resistere e chi prova. È vero anche che non si fa più formazione e questo non è solo colpa del cliente: per anni il doppiaggio è stato una casta un po’ a sé, adesso invece il mercato si potrebbe aprire a nuovi ingressi, ma c’è il problema della sicurezza e della pirateria. Dunque nessuno può più assistere alle lavorazioni, nessuno può entrare in sala se non è convocato per il turno, quindi c’è meno possibilità di imparare sul campo.

Ci sono ormai pochissime scuole di formazione serie, spesso sono a pagamento, ma insegnano ben poco, solo alcune funzionano e solo poche persone ne escono in grado di fare poi questo lavoro, con la giusta professionalità e l’adeguata preparazione.

Però forse stare sempre a denigrare tutto non è la soluzione: se riscontriamo che la qualità si è abbassata potremmo cercare di fare qualcosa per migliorare la situazione. Negli ultimi anni molti doppiatori si sono “accontentati” del fatto che comunque il mestiere – una volta che si entra nel giro – garantisca ancora un guadagno decente e quindi nessuno si è più preoccupato di fare qualcosa di sano per la sua riqualificazione. Nessuno ha reso nulla: si è pensato al fattore economico ma non a garantire un lascito alle nuove generazioni di doppiatori. Mentre la riqualificazione del settore passa anche da una serie di azioni, da una formazione vera, seria, in cui si passa il testimone alle nuove leve e le si accompagna verso un futuro professionalmente migliore.»