Skip to main content

Il 1 maggio sarà disponibile su Netflix Hollywood, nuova mini-serie firmata da Ryan Murphy, che suggella anche il rientro post lockdown di molti attori in sala di doppiaggio. Ne parliamo con Franco Mannella, che nella serie doppia il personaggio Dick Samuels.

«Sono fresco di primo turno di doppiaggio, ma la prima cosa che mi ha colpito è la bravura degli attori. C’è poi un’attrice che mi ha fatto molto piacere ritrovare, una delle protagoniste femminili di Hollywood, Holland Taylor, che in Due uomini e mezzo faceva mia madre (Mannella prestava la voce a Alan Harper) e che ha una bravura pazzesca e un’impostazione comica strepitosa. Ma ricordo poche cose anche perché era più l’impatto emotivo di avere guanti, mascherina copriscarpe da reparto ospedaliero, gel igienizzante: al leggio stavamo tutti lontanissimi. Poi ci siamo per fortuna potuti togliere la mascherina perché con quella doppiare non sarebbe stato possibile… Anche se, ti racconto una cosa che secondo me è da non credere, non so da chi sia partita la proposta, ma ci sono stati dei colleghi particolarmente ansiosi che hanno paventato la possibilità che esistesse un programma capace di “ripulire” la voce dall’effetto mascherina e quindi hanno lanciato la proposta folle di tenerla anche durante i turni…

A parte gli scherzi comunque, per quanto tenuti a lavorare con le dovute precauzioni, continuiamo a essere privilegiati. Penso al nostro settore, al settore dello spettacolo e delle arti e almeno noi siamo ripartiti e ancora se ancora non stiamo lavorando a pieno regime e magari ci sarà una flessione del lavoro, siamo comunque fortunati.

Certo, qualcosa sta già cambiando… Per esempio l’altro giorno per ricordarmi del turno, Carlotta, l’assistente di Lorena Bertini, mi manda un messaggio raccomandandosi di portare se possibile una cuffia personale da casa. Le ho risposto “Guarda cara, non so se sai che stai parlando con colui che ha inventato ‘la cuffia da casa’!”, non solo per un fatto igienico ma più che altro per darmi la possibilità di avere le mani libere, visto che io comunque faccio teatro e mi muovo molto, non riesco a concepire di stare fermo. E questa cosa negli anni mi è costata anche tante prese in giro dai colleghi… E adesso mi ritrovo ad essere un precursore! Mi mancherebbero giusto un leggio gonfiabile e un microfono take away…

Però c’è questa cosa veramente strana: la voglia, il desiderio di abbracciare alcuni colleghi e colleghe quando li incontri. Una cosa a cui prima non pensavi mai, che davi per scontata, quando ti vedevi c’era il classico saluto con il bacio sulla guancia e invece ora ti guardi e sai che non puoi… C’è questa lunga astinenza da contatto fisico che si sente molto.

Comunque devo dire che a parte l’impatto del primo giorno (nel settore si è ripreso a lavorare il 20 aprile) che non ti saprei neanche definire emotivamente, si torna a scherzare, si ironizza su quello che stiamo vivendo, insomma oltre al fatto che siamo comunque dei privilegiati che siamo vivi stiamo vivendo e andiamo avanti insomma. Sono quasi sicuro che con tutti questi accorgimenti a cui dovremo abituarci per un periodo abbastanza lungo – e con noi tanti altri settori – alla fine si troveranno delle soluzioni. Perché ci si può convivere con questo virus.

Sempre per rimanere nel nostro ambito artistico penso che le limitazioni si potrebbero rivelare creativamente proficue, e magari gli spettacoli potrebbero essere ancora più emozionanti perché goduti con meno persone… Certo, dal punto di vista economico rinunciare ai grandi numeri significherà ridurre i guadagni e ridimensionare tutto, ma probabilmente non abbiamo alternative perché non ci sarà possibile tornare a quello che era prima.

Penso che una parte dei mancati introiti si potrebbe recuperare mettendo online delle pillole per incuriosire il pubblico, magari su abbonamento. Attenzione, non facendo spettacolo online che secondo me lo ammazziamo del tutto, ma piuttosto cercando nuovi format per intercettare nuovi pubblici e raggiungere potenzialmente molte più persone.

Io insegno recitazione e per la prima volta sto prendendo in considerazione l’ipotesi di erogare alcune pillole online, che poi naturalmente andranno integrate dal vivo, una necessità che rimarrà comunque perché certo non si può trasferire tutto online. Anche perché il doppiaggio è un lavoro che si impara sul campo, seguendo in sala i doppiatori che fanno i loro turni. E l’unico trucco professionale che conosco per farlo è quello di tuffarmi e di affrontare il lavoro con leggerezza e nello stesso tempo con concentrazione. Naturalmente è un atteggiamento dato anche dall’esperienza perché quando sei agli inizi ci sono tante cose che ti stressano in sala. Ma secondo me il segreto per lavorare bene è lavorare in armonia e divertirsi.

Uno dei “miei” personaggi che più amo e che più mi divertono è Roger l’alieno, l’unico che fa sgranare gli occhi agli adolescenti quando dico di doppiarlo… E poi Steve Carell, Alan di Due uomini e mezzo, Cameron di Modern Family e tutti gli attori francesi, amo la commedia francese. E gli attori con la loro capacità di passare dal registro comico a quello drammatico… Mi divertono tanto, ho la fortuna di doppiarne diversi e mi ci trovo proprio a mio agio. Per esempio con Kad Merad che ho doppiato in Giù al Nord ed è un attore comico che ti fa scompisciare dal ridere ma è anche un attore drammatico pazzesco.»