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Nel 2019 nei soli Stati Uniti hanno garantito un incasso di circa 97 milioni di dollari, per un totale di quasi dieci milioni di biglietti strappati. Numeri in leggera flessione rispetto al 2018 e che però confermano una tendenza ormai radicata: il documentario al pubblico piace, e gli piace parecchio.

Non a caso alcuni dei più recenti successi – se non in termini di “view” registrate, ma sicuramente in termini di “hype” prodotto – di Netflix sono proprio riconducibili al macro-genere del documentario. Che si parli di un santone che ha fondato una setta diventata poi una macchina da soldi (vedi Wild Wild Country sulla controversa figura di Osho) o di un personaggio decisamente sui generis che traffica in animali esotici (Tiger King), oppure ancora dello scandalo di Cambridge Analytica alla vigilia delle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 (The Great Hack), il cosiddetto cinema del reale esce sempre più spesso dalla nicchia nella quale lo si vedeva confinato fino a poco tempo fa. E lo fa con prodotti che spesso, in quanto a capacità di intrattenimento, non hanno nulla da invidiare ai film di finzione.

L’ultima prova di questa tendenza è una recente uscita Netflix, History 101, rilasciata sulla piattaforma il 22 maggio. Dieci mini-episodi da circa 20 minuti l’uno per indagare i temi più diversi della nostra storia, ossia più o meno tutto lo scibile umano. Si spazia infatti dal fast food alla corsa allo spazio (alla vigilia del lancio in orbita dello SpaceX di Elon Munsk, previsto per il 27 maggio), dall’inarrestabile espansione della Cina alla genetica: insomma, materiale per tutti i gusti, narrato con un linguaggio semplice e comprensibile, ma tuttavia abbastanza succoso da garantirsi la giusta dose di binge-watching. La serie documentaria, che nella versione italiana è narrata dalla voce di Irene Di Valmo, unisce filmati d’archivio, infografiche e materiale fotografico commentato con uno stile capace di enfatizzare dettagli poco noti e informazioni a volte trascurate, offrendo al pubblico – a ogni episodio – qualche chicca gustosa da ricordare.

History 101 nel complesso ci ricorda che l’epoca d’oro o il Rinascimento del documentario è in piena fioritura, e questo anche grazie alle piattaforme di streaming che ne facilitano la fruizione. Il documentario è così diventato un prodotto mainstream, uno di quelli che meglio di altri è riuscito a rispondere in modo nuovo a uno dei più forti bisogni del nostro tempo: la fame di storie, di storie vere.

Oggi, infatti, il 75% degli utenti di Netflix guarda documentari. Un dato che sembra confermare il successo del genere che per molto tempo è stato considerato fratello minore del cinema di finzione. Ma bisogna tenere a mente che l’epoca d’oro del documentario è il frutto dell’interazione di molti fattori, in cui gioca un ruolo decisivo la crescente consapevolezza sociale. Il pubblico non chiede solo una buona storia, ma vuole che si scavi a fondo nelle vicende e cerca narrazioni in cui nessun dettaglio resti nell’ombra (una tendenza confermata anche dal crescente successo dei libri di non-fiction).

La maggiore disponibilità di documentari ha poi determinato una crescita della domanda da parte del pubblico che li apprezza, e una contemporanea richiesta di maggiore qualità. Il fattore economico, infine, è sempre imprescindibile: per la produzione dei documentati sono spesso sufficienti budget decisamente ridotti rispetto a quelli richiesti dal cinema e, quando la necessità è riempire cataloghi sterminati e palinsesti 24h, è normale trovarne numerosi, perché la resa è elevata a fronte di un costo sostenibile.

Sia come sia ci sentiamo di affermarlo con sicurezza: il documentario è vivo e lotta insieme a noi!