Il 22 febbraio torna su Netflix Chef’s Table, alla sua sesta stagione. Marco Benevento ci spiega perché non dovreste perderlo.
«I prodotti televisivi sulla cucina sono tra i più seguiti, se non i più seguiti. E sono tantissimi i cuochi – ormai considerati veri e propri divi – che imperversano in TV.
Chef’s Table ha un approccio un po’ diverso rispetto a questa spettacolarizzazione dell’arte culinaria: si pone su un piano più umano, più sobrio, con un racconto elegante, lento, fatto di dettagli sui piatti cucinati e sulle vite stesse degli chef. Ogni episodio è un viaggio nella storia del protagonista che la narra: com’è nata la sua cucina, a chi o a cosa si ispira. Gli chef vengono descritti come dei veri e propri artisti.

Chef’s Table Season 6
In questa stagione si racconta il ritorno alle radici dei protagonisti, sia dal punto di vista culinario sia geograficamente. Un episodio che mi ha colpito particolarmente è quello della chef Asma Khan: nata secondogenita in un paese in cui la nascita di una seconda figlia femmina è accolta come una disgrazia, nella sua arte, e nel suo genio, ha trovato il suo riscatto.

Asma Khan
Per rendere questi racconti con la tecnica del voice over, il lavoro che ho fatto in qualità di direttore del doppiaggio ha alcune caratteristiche comuni con gli altri progetti che ho seguito e alcune difformità: come di consueto per la scelta delle voci mi baso soprattutto sulla visione del prodotto, pensando a una voce che possa ricordarmi quella originale o magari a una voce che si adatti ai tratti somatici o anche caratteriali di un certo personaggio.
Da un punto di vista prettamente tecnico, bisogna avere un occhio in più, perché in questo tipo di lavorazioni non sono contemplati assistenti al doppiaggio, e perché le righe che mediamente vengono incise in un turno sono circa il doppio rispetto a quelle incise nei turni di doppiaggio “classico”. Per il resto, la cura per il progetto e l’attenzione ai dettagli restano le stesse.»