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«La bravura dei nostri doppiatori è tale da fare la fortuna di molti attori, perché spesso gli originali sono deludenti come capacità recitativa.» A dirlo è Donatella Pandimiglio: attrice, cantante, vocal coach. Con alle spalle quarant’anni di carriera e collaborazioni con Proietti e Brignano fra gli altri, ci racconta i fondamentali per lavorare con la voce.

«Un attore deve saper fare tutto in scena: cantare, recitare, muoversi coreograficamente, avere una vocalità duttile. Poi con il lavoro di impostazione vocale – che va affidato a dei professionisti, perché se gli insegnanti non sono bravi possono creare anche dai danni gravi alle corde vocali – le voci si sbloccano, si aprono, si sciolgono e crescono. Se in più c’è un talento innato e una buona intonazione (che aiuta anche nella recitazione, perciò la voce ne beneficia comunque) ancora meglio. Se c’è questa pulsione, questa attrazione, questa passione per il mondo attoriale, si parte comunque dall’esperienza in teatro. Che magari poi si estende al cinema o al doppiaggio, ma la trazione deve essere quella teatrale. Chi vuole avvicinarsi con serietà a questo mondo dovrebbe cominciare col frequentare stili diversi, vedendo a teatro le cose più svariate, dal teatro d’autore a quello comico, dal teatro classico al teatro musicale e al cinema.
Entrando nel merito del doppiaggio – che è un lavoro specifico dell’attore, connesso a una tecnica precisa, che è quella di riuscire a dar voce, di associare la propria vocalità all’attore che si doppia, che ha una sua faccia e un’altra voce – bisogna partire comunque dall’essere dei bravi attori. In grado di poter poi, con lo studio e la frequenza degli studi di doppiaggio, imparare la tecnica e mettere a disposizione la propria vocalità – e quindi l’anima del doppiatore (perché la voce è lo specchio dell’anima) – e così sovrapporla all’anima dell’interprete del film.»