Per chi si occupa di doppiaggio il suo nome è una garanzia: parliamo di Gerardo Di Cola, che prosegue la sua rubrica mensile sulla storia di questa arte spesso misconosciuta.
“Gli anni Quaranta si aprono con il giornalista nemico dichiarato del doppiaggio, Michelangelo Antonioni, che scrive un articolo sarcastico sulla rivista “Cinema”, Vita impossibile sul signor Clark Costa. L’articolo ferisce profondamente l’attore Romolo Costa, definito “individuo ibrido” solo perché presta la sua stentorea voce a Clark Gable. Antonioni pretende anche un referendum pro o contro la pratica di doppiare i film stranieri, ritenendo sacrilego intervenire sul sonoro delle pellicole italiane. Il sondaggio decreta che oltre il 50% degli italiani è pro doppiaggio. Se si tiene conto che sono coinvolti soltanto i lettori della rivista “Cinema”, un’esigua minoranza rispetto alla popolazione italiana, la sconfitta dei fautori della didascalia è netta. Il decennio si chiude con il regista Michelangelo Antonioni che si serve del doppiaggio per far recitare in maniera credibile gli interpreti scelti per il suo primo film, Cronaca di un amore.
Lucia Bosè è doppiata da Rosetta Calavetta, già voce di Biancaneve in Biancaneve e i sette nani e futura doppiatrice del mito Marilyn Monroe, Ferdinando Sarmi da Emilio Cigoli, già voce di John Wayne in Ombre rosse e di Clark Gable in Via col vento, un cliente del night da Carlo Romano, voce di Jerry Lewis, infine Franco Fabrizi da Alberto Sordi che impazza come voce di Ollio. Gli intellettuali contrari al doppiaggio devono rassegnarsi ma la campagna contro la sostituzione delle voci, iniziata già da qualche tempo, getta un’ombra sugli attori-doppiatori che si ritrovano confinati in spazi sempre più lontani dalla ribalta, dove non bisogna guardare e la qualifica di attore non deve aleggiare.”